Dividere o condividere la minestra

Eccoci con l’appuntamento culturale mensile. Questa volta vi parlo del simbolismo racchiuso nel cibo e per l’occasione ho voluto analizzare il genere delle minestre che, come vedrete, è molto interessante dal punto di vista semantico. L’articolo legato ad una ricettina interessante è stato pubblicato su essiccate.com per Tauro essiccatori. Buona lettura!

Non c’è alimento o gesto che varchi la soglia di una cucina senza essere investito di un fortissimo valore simbolico.

La simbologia del cibo è un pozzo senza fondo di usi e costumi dei popoli, e analizzando il cibo che abbiamo di fronte, possiamo così capire meglio il suo valore in un contesto ben più ampio che porta poi alla scelta di specifici alimenti all’interno di un codice, quello delle ricette: la costruzione della tradizione espressa attraverso l’utilizzo del cibo precisamente contestualizzato, seguendo un codice comportamentale che trasuda consuetudini sociali e valore storico. Il cibo non è più ciò che realmente è, ovvero alimenti con funzione puramente nutriente: il cibo è reso significante di usi formalmente inespressi, in una tacita danza popolare nella quale tutti sanno cosa va fatto e perché! 

Gli stessi gesti in cucina assumono significato ben altro del semplice gesto originale: la carne non è più un animale, ma cibo come segno di potere, e la divisione delle carni sta a sottolineare la gerarchia sociale. 

L’esempio esattamente opposto è la minestra, un alimento senza forma: una zuppa, una vellutata, una crema assumono la forma del contenitore in cui vengono versate.

La minestra che si distribuiva ai monaci, durante il Medioevo, aveva la funzione di segnalare l’assenza di gerarchie nella comunità.

Zuppe, creme e vellutate non si definiscono in base al loro contenuto: l’ingrediente chiave sembra essere la lavorazione più che l’alimento, che appare in secondo piano, in funzione di attributo. Tali espressioni indicano una tipologia di vivanda, determinata dalla sua consistenza: la zuppa ha una texture che permette ancora di individuarne gli ingredienti e si lascia masticare, una vellutata o una crema uniscono tutto esaltando una consistenza leggera, ariosa.

Difficile definire una minestra, parola con ampissimo spettro semantico, che più che definire una preparazione evoca un gesto. Ministrare, somministrare, distribuire: il gesto di condividere il cibo il quale sta in una marmitta, un recipiente comune, e che viene versato nella scodella di ognuno. Condensati in questo gesto, il bisogno di nutrimento, soddisfatto dalla solidarietà degli uomini, tutti riuniti per celebrare il rito collettivo della sopravvivenza.

Sopravvivenza e fame, fame e usi popolari: abbiamo più volte analizzato questo argomento, che sembra essere il filo conduttore della storia dell’alimentazione umana.

Fame e conservazione: esigenze di un tempo ed esigenze attuali unite in una ricetta.

La paura che una volta rappresentava la fame, per noi oggi è quella dell’orologio: la mancanza di tempo detta le scelte di tutti i giorni, soprattutto quelle alimentari.

Così, giocando con la simbologia, ho voluto prepararvi una zuppa pronta che unisce l’essiccazione come metodo per scongiurare la fame all’essiccazione come metodo per non perdere troppo tempo ai fornelli, a rappresentare una volontà democratica di condivisione e solidarietà!

Leggete tutta la ricetta!

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Fornisci il tuo contributo!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *