L’arte della fermentazione

La fermentazione come riscoperta delle radici

Mi ricordo la cantina buia, odore di muri, umidità, legna vecchia. La cisterna per la nafta, le cassette di kiwi e di patate, il freddo, e i barili… Quelli erano magici! In realtà mi facevano un po’ paura, un po’ schifo e tanta curiosità. Erano grandi quasi quanto me e l’odore acido che ne usciva era forte. Un tappo di legno e dei mattoni appoggiati sopra li chiudevano rendendo il tutto più misterioso!

Dopo che la vita mi ha condotto alla scoperta di un nuovo ideale alimentare e allo studio approfondito del mondo del cibo, ho capito solo poco tempo fa quanto bene facesse la roba che stava nei barili di mia nonna Fani.

Metà della mia famiglia è slovena e io ho trascorso con loro molto tempo, tanto che adoro i crauti e le rape acide, per non parlare della jota (minestra che li contiene entrambi) o degli involtini di crauti ripieni di riso, tipicamente bosniaci. Avrete ormai capito cosa contenessero i bidoni misteriosi: crauti e rape che lentamente fermentavano, maturando consistenze e sapori spaziali!

Quando ho chiesto a mia nonna la ricetta per prepararli a casa, mi ha risposto che in vent’anni avrei dovuto averlo appreso anch’io: “questi cibi servono alla sopravvivenza!” ha detto molto seria, “io conosco queste ricette dalla mia infanzia, e prima di me le conoscevano i miei genitori: è un sapere vecchio cinquecento anni…”.

Ma andiamo a comprendere più nello specifico la verità di quest’affermazione.

La fermentazione è un processo che vede la trasformazione del cibo da parte di diversi batteri, funghi ed enzimi prodotti dagli alimenti stessi. L’uomo ha incanalato questo potere trasformativo in un metodo di conservazione, tanto che un terzo del cibo ingerito dagli esseri umani è fermentato. Le vitamine rimangono inalterate per mesi, e le fibre si riempiono di batteri lattici, utilissimi al nostro processo digestivo.

I cibi fermentati hanno giocato un ruolo fondamentale nella nostra evoluzione culturale: si pensa che i batteri anaerobi (gli attori della fermentazione) presenti per primi nel brodo primordiale abbiano conformato la superficie terrestre e creato, in un continuum evolutivo, le basi della vita fino ad essere entrati in coevoluzione con noi. Noi ospitiamo loro e loro svolgono funzioni vitali fondamentali nel nostro organismo.

Nonostante la fermentazione faccia parte di antichi rituali che noi umani pratichiamo da prima dell’alba dei tempi, è una pratica che sta via via perdendosi nelle nostre case.

Preparare questi cibi mi fa percepire il passato, in cui le vite degli uomini erano infuse di consapevolezza dei cicli climatici e delle stagioni e mi aiuta a coltivare la coscienza di essere parte di una rete coevolutiva.

Le verdure che compriamo al mercato sono ricche sulla loro superficie di batteri ed enzimi. Quando noi mettiamo le verdure a contatto con il sale, le saturiamo e le schermiamo dall’ossigeno. Questo semplice processo rende anaerobico l’ambiente, l’ideale per lo sviluppo di batteri anaerobi come i batteri lattici (quelli buoni). “Ma come faccio ad essere sicuro che ci siano i batteri buoni?” vi chiederete… In assenza di ossigeno, i batteri lattici iniziano la digestione dei glucidi presenti all’interno delle verdure, detta fermentazione lattica che abbassa il pH dell’ambiente, rendendolo inaccessibile ai batteri patogeni (quelli cattivi).

Qualche ricetta

Come fare il tempeh fatto in casa
il mio Kimchi
Fare il Rejuvelac

Qualche consiglio

Vi consiglio come lettura fondamentale il libro “The art of fermentation” di Sandor Ellix Katz per avere una visione d’insieme molto ampia sul tema!
The-art-of-fermentation-with-jacket

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