La fame e la gastronomia – un legame inatteso
Ed ecco un altro articolo che ho avuto il piacere di scrivere per Tauro Essiccatori sul sito essiccare.com! Questo mese ho avuto il piacere di tenere un corso di cucina gourmet con l’utilizzo degli essiccati che si è tenuto nelle Marche, a Fabriano, nella scuola di cucina Fabrica del Gusto! Una bellissima esperienza creativa ricca di emozioni. Voglio così condividere con voi un po’ di analisi storica dell’essiccazione e della conservazione abbinata ad una ricettina molto interessante!
La fame è ciò che ha sempre giocato le sorti della storia dell’alimentazione umana: potevi essere ricco o povero, proprietario terriero o contadino, ma la fame era sempre il punto d’incontro di tutte le culture. Per combattere la fame si poteva vivere sempre in primavera-estate… ma nessuno, a parte nella zona equatoriale, c’è mai riuscito, quindi si è cercato qualsiasi modo per bloccare le stagioni più produttive con i più svariati artifizi che l’ingegno umano, o il caso, potesse creare. Avete mai sentito l’espressione “vorrei poter congelare questo momento…”? Così ci siamo sentiti ogni anno fino agli inizi del ‘900, quando arrivava primavera ed era ora del raccolto! Proprio di questo si tratta, non a caso si congela, o si surgela. L’uso di basse temperature blocca l’acqua che difficilmente verrà utilizzata per il deterioramento dell’alimento da parte dei microrganismi. Così oltre alle basse temperature (lusso di pochi in Europa), le tecniche conservative giocavano sostanzialmente su una modificazione dell’alimento ad opera di agenti che potessero bloccarne la “freschezza”. Due mesi fa abbiamo parlato di fermentazione: il controllo del processo di deterioramento, da una trasformazione stabile contro l’attacco di microrganismi patogeni. Mentre il mese scorso abbiamo visto come l’essiccazione giochi abbassando il livello di aw. La medesima cosa si usava fare con la salatura: disidratazione per mezzo della pressione osmotica esercitata dal sale. L’utilizzo dell’olio invece serviva a prevenire un ulteriore deterioramento: l’ossidazione. Questa reazione a catena è spesso attivata dalla presenza di ossigeno nell’ambiente (sacchetto, vasetto, contenitore di qualsivoglia tipo), oltre che dalla luce solare o dal calore. Così l’olio aiuta a proteggere dall’ossigeno gli alimenti sfruttandone le proprietà fisiche e andando quindi a creare una “pellicola” impenetrabile dall’aria. Ho imparato qualcosa sulla conservazione del cibo perché nella mia famiglia si usavano alcune di queste tecniche. In questi anni ho fatto diverse ricerche: la fermentazione, la salagione, la pastorizzazione, l’essiccazione… molte di queste tecniche di conservazione funzionano bene per la creazione di piatti nuovi, perché sfociano in un nuovo stile di food. Ci si rende conto che queste tecniche sono effettivamente molto efficaci: prendendo i miei ingredienti conservati, posso creare un pasto nuovo. Il risultato è un cibo vitale e fantastico! Pensate a come la “conserva”, l’alimento conservato, tramite differenti processi, anche intersecabili tra loro, possa portare ad un alimento totalmente differente da quello di partenza. Strati di complessità si sovrappongono a creare un prodotto superiore, arricchito. Non è fantastico!? Sto parlando di “ricchezza” di un alimento “povero” per definizione: la conserva è povera perché i poveri dovevano trovare soluzioni alla fame. Questo è il processo di impreziosimento che si sta verificando da un po’ di decenni a questa parte, dando luogo ad un legame, insospettato, fra il mondo della fame e quello del piacere.
Per questo mese ho quindi voluto unire tutte queste tecniche conservative in una ricettina davvero gustosissima: i miei pomodorini secchi sott’olio!
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